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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


SAN GIUSEPPE LAVORATORE
Cattedrale di Ferrara, 1 maggio 1999


1. "Dio disse: "facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza"". La prima pagina della S. Scrittura ci svela che cosa Iddio creatore ha pensato dell’uomo, che cosa Egli intese creare quando creò, dentro a questo universo, la persona umana. "Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza": l’uomo è fra tutte le creature l’immagine, la somiglianza di Dio. Esiste cioè fra Dio e la persona umana una relazione unica, in forza della quale, essa è dotata di una dignità assolutamente singolare: incomparabilmente superiore ad ogni altra creatura.

Se poi ci chiediamo in che cosa consista precisamente questa "somiglianza" fra Dio e l’uomo, essa dal seguito del testo sacro è collocata in un "dominio" che l’uomo è chiamato ad esercitare su ogni altra creatura: "soggiogatela e dominatela sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra". Il significato profondo di questo testo è che la persona umana, attraverso la sua attività, è capace di portare la creazione (e se stesso) alla perfezione. E’ dominio che significa rispetto e benessere per tutto il creato. Un testo liturgico lo ha stupendamente espresso con le seguenti parole: "a tua immagine hai formato l’uomo, alle sue mani operose hai affidato l’universo perché nell’obbedienza a te, suo creatore, esercitasse il dominio su tutto il creato" (Preghiera eucaristica IV).

E’ nel contesto di questa profonda visione dell’uomo, di questa sicura affermazione della dignità della persona, che si comprende il senso del lavoro. Esso realizza una chiamata rivolta all’uomo dallo stesso Dio creatore, e pertanto esso è un’esigenza inscritta nella natura stessa della persona. Cioè (come si preferisce dire oggi): il lavoro è un diritto fondamentale dell’uomo. E la pagina biblica nello stesso tempo in cui ci rivela il fondamento ultimo di questo diritto, ci permette di cogliere il senso preciso di questa nozione.

Non si tratta – come ancora oggi spesso si fraintende – del "diritto al posto fisso di lavoro". E’ qualcosa di molto più profondo. E il "diritto allo sviluppo della propria umanità", dal momento che la persona umana si conosce e si realizza attraverso il lavoro, inteso come attività umana. E qui comprendiamo bene in che senso è in gioco la dignità della persona, quando è in questione il suo lavoro. L’estromissione dall’attività lavorativa per lunghi periodi di tempo non causa solo un’evidente riduzione del reddito, ma costituisce una vera e propria riduzione della libertà. La sofferenza che devasta la persona del disoccupato solo in parte è dovuta al minor o nessun reddito percepito, ma è dovuta alla "crisi" in cui entra la stima di sé e l’autonomia personale. In questo la disoccupazione viola la dignità della persona. E la società giusta non è quella che umilia questa dignità, distribuendo magari benefici o provvidenze ma restringendo gli spazi di libertà.

Stiamo celebrando i divini misteri nella memoria di S. Giuseppe lavoratore, perché in essi e da essi la dignità dell’uomo e quindi del suo lavoro è difesa e custodita.

2. Che ne è della custodia e difesa di questa dignità, nel preciso significato suddetto, nella nostra città? Sono sicuro in questo momento di dare voce a tanti che non possono farlo.

Sono convinto che la "questione lavoro" è questione centrale nella nostra città. Non posso non pensare al dramma di tante famiglie che durante il corrente anno hanno vissuto nell’insicurezza del lavoro, a causa di note vicende accadute in due aziende della città. Non posso non pensare alla situazione in cui versano i dipendenti della "Standa" per i quali la disoccupazione è purtroppo una prospettiva imminente. Non posso non pensare alla preoccupante condizione di tanti giovani in cerca di un primo impiego e di un lavoro dignitoso. Non posso non pensare alle gravi difficoltà in cui si dibattono molti lavoratori del mondo rurale ed artigianale.

In una situazione come questa, percorsa da sfide indubbiamente inedite e da problemi di non facile soluzione, è chiesto a tutti un grande sforzo di "sapienza politica, amministrativa, economica": per recuperare il vero senso dell’attività umana nelle sue dimensioni personali, familiari e comunitarie; per superare la ricorrenti tentazioni dell’egoismo, del corporativismo e della supremazia del più forte; per non porre criteri utilitaristici al primo posto nell’affrontare i problemi del lavoro.

Presto la nostra città sarà chiamata al suo più importante appuntamento amministrativo: scegliere chi dovrà amministrarla nei prossimi cinque anni. Chiedo ad ogni elettore e ad ogni eletto, chiunque sia, che ponga la "questione lavoro" al primo posto e prego, oggi in particolare, perché la nostra città diventi ancora e sempre più una città del lavoro libero, dell’impresa e della partecipazione. Nella fedeltà alla sua più profonda identità umanistica.



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