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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Settimana mariana 2001
CELEBRAZIONE PER GLI AMMALATI ED ANZIANI
Ferrara 6 ottobre 2001

1. "Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo". La pagina evangelica narra il primo incontro di una persona umana col Dio fattosi uomo nel grembo di Maria: la prima volta che un uomo incontra Dio in carne ed ossa. E che cosa avviene? "il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo". L’uomo quando incontra Cristo, Dio fatto uomo, esulta di gioia. Ciò si ripeterà sempre nel Vangelo. Dei pastori che videro il neonato Salvatore si dice che "se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto" [Lc 2,20]. Dei Magi: "al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia" [Mt 2,10]. E così via, per ogni incontro dell’uomo con Cristo.

Carissimi fratelli e sorelle ammalati e/o anziani, anche voi oggi vivete in questo momento l’esperienza di un vero e proprio incontro con Cristo: può essere esso un incontro di gioia, venendo qui voi col vostro carico di sofferenza, di solitudine spesso, di anni? Nella vicenda umana di Cristo, gli incontri coll’uomo sono sempre più incontro coll’uomo sofferente: "e condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici" [Mt 4,24]. E’ stato un incontro profondo che giunge fino alla condivisione, come aveva preannunciato il profeta: "Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori". A quale scopo Egli ha voluto addossarsi il carico dei nostri dolori? Quale è la ragione intima della partecipazione di Dio alla sofferenza umana?

Troviamo la risposta in un testo della Lettera agli Ebrei, che dice: "Poiché … i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch’egli ne è divenuto partecipe … Egli infatti non si prende cura degli angeli ma della stirpe di Abramo si prende cura. Perciò doveva rendersi in tutto simile ai fratelli, per diventare un sommo sacerdote misericordioso e fedele nelle cose che riguardano Dio, allo scopo di espiare i peccati del popolo" [Eb 2,14-17]. Dio ha voluto essere simile a noi in tutto, anche nella nostra sofferenza, così che la sua comprensione della nostra condizione umana nascesse da una diretta esperienza della medesima: Dio ha provato, ha sofferto la nostra umana sofferenza. E quindi "proprio per essere stato messo alla prova ed avere sofferto personalmente è in grado di venire in aiuto a quelli che subiscono la prova" [ib. 18]. Così noi non adoriamo un Dio "che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato" [4,15].

Ma la compassione di Dio ha mutato intimamente, ha trasformato profondamente la passione dell’uomo: "per le sue piaghe" ci ha appena detto il profeta "noi siamo stati guariti". Guariti da che cosa? Ciò che rende pesante per l’uomo il suo carico di sofferenza, non è soltanto né principalmente la sofferenza in sé e per sé. E’ il non vederne, il non capirne il significato; è l’intimo dubbio che il nostro dolore sia privo di senso; è l’incapacità di rispondere alla domanda: "perché mi è capitato questo?" L’enigma dell’esistenza diventa impenetrabile quando si imbatte nella sofferenza. Cristo "rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione". [Cost. past. Gaudium et spes 22,1]. Ciò è particolarmente vero della sofferenza umana: Cristo rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche all’uomo il mistero della sofferenza umana e ne manifesta l’intimo significato.

La certezza che nulla di ciò che ci accade è ignoto al Padre, ma da Lui tutto dipende, genera nel nostro cuore la sicurezza che anche i nostri dolori non possono essere vani. La sofferenza di Cristo è stata la nostra redenzione: la nostra sofferenza in quella di Cristo redime il mondo. Nel modo che solo Dio conosce. E’ in questo modo che incontrando Gesù possiamo custodire la gioia del cuore anche nelle tribolazioni.

2. "E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore". L’uomo che incontra Cristo sussulta di gioia. Elisabetta indica quale è la sorgente profonda di questa gioia: "beata colei che ha creduto". Nella fede Maria si è abbandonata a Dio ed in questo abbandono ha trovato la sua beatitudine.

Carissimi fratelli e sorelle, vi siete oggi ritrovati attorno all’altare del sacrificio di Cristo: vi siete ritrovati sotto la Croce di Cristo con Maria. "E chiediamo a voi tutti, che soffrite, di sostenerci. Proprio a voi che siete deboli chiediamo che diventiate una sorgente di forza per la Chiesa e per l’umanità. Nel terribile combattimento tra le forze del bene e del male … vinca la nostra sofferenza in unione con la Croce di Cristo" [Giovanni Paolo II, Lett. ap. Salvifici doloris 31].