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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


EDUCAZIONE RELIGIOSA ED EDUCAZIONE
Incontro genitori
Bologna, 19/26 marzo 2006


Vi ringrazio di essere venuti numerosi a questo incontro che personalmente reputo di grande importanza per la "posta in gioco": la persona dei nostri ragazzi. La vostra grande partecipazione indica quanto essa vi stia a cuore, e mostra la fiducia che voi nutrite nei confronti della capacità e competenza educativa della Chiesa. Come più volte vi ho detto ed oggi vi ripeto: deve essere sancito un vero e proprio patto educativo fra la chiesa e la famiglia.

Questa esigenza di stringere fra noi una vera e propria alleanza educativa è particolarmente evidente quando si affronta quell’aspetto dell’azione educativa che intendo affrontare con voi oggi: l’educazione religiosa.

Scandirò la mia riflessione nei seguenti due momenti: necessità di dare un’educazione religiosa ai nostri figli; come dare un’educazione religiosa ai nostri figli. Cercherò insomma di rispondere a due domande: perché dare un’educazione religiosa? come dare un’educazione religiosa?

1 Perché l’educazione religiosa.

Per costruire una solida risposta alla prima domanda devo partire un po’ da lontano iniziando a riflettere con voi sul senso religioso insito in ogni persona umana.

Siamo dotati di sensi corporei che ci consentono di percepire le qualità dei corpi. Distinguiamo i colori col senso della vista, i suoni col senso dell’udito, i profumi col senso dell’odorato, e così via.

Siamo anche dotati di sensi spirituali che ci consentono di percepire realtà che non hanno colore, suono…, ma che non per questo sono meno consistenti nel loro essere. Vi faccio qualche esempio. Di fronte all’esecuzione di un Notturno di Chopin noi in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie "sentiamo" una bellezza incomparabile che non percepiamo in ciò che ascoltiamo colle nostre orecchie se ci fermiamo in via Rizzoli nel momento di grande traffico. Sappiamo discernere un fastidioso rumore da una piacevole musica, perché sappiamo discernere ciò che è brutto da ciò che è bello: abbiamo il senso spirituale del bello, il senso estetico. Ugualmente di fronte ad una Madre Teresa, a S. Massimiliano Kolbe che dona la propria vita per salvare un compagno di prigionia, noi siamo profondamente commossi; ma siamo anche profondamente commossi di fronte al fatto che un bambino di pochi mesi è stato sequestrato. Ma sono due commozioni profondamente diverse: nella prima siamo attratti, affascinati perché in quelle persone vediamo lo splendore del bene; nella seconda siamo indignati, allontanati perché in quei sequestratori vediamo le tenebre del male. L’uomo, ogni uomo, possiede una capacità di discernere il bene dal male: ha il senso morale.

Ma l’uomo possiede anche il senso religioso? E che cosa è il senso religioso? quale realtà l’uomo percepisce quando mette in atto il senso religioso? Stiamo arrivando al punto centrale del nostro discorso.

Durante una visita pastorale i giovani mi chiesero di incontrarmi per parlare e riflettere sulla presenza del male nella vita e nella storia umana. Ad un certo punto un giovane mi fece la seguente domanda: ma quale è il fondo della realtà? Con che nome lo devo chiamare? Quel giovane aveva posto la domanda religiosa, poiché si era interrogato sul significato ultimo della vita e del proprio esserci: in fondo di che cosa è fatta la realtà? Per che cosa vale veramente la pena che io viva?

Non è difficile trovandosi in via Rizzoli sentire il rumore del traffico: mettere in atto il senso dell’udito non impegna molto la nostra persona, e così degli altri sensi fisici.

Ben più difficile è sentire un Notturno di Chopin e gustarne l’intima bellezza: è necessaria attenzione, silenzio esterno ed interno. Mettere in atto il senso estetico impegna la nostra persona così come mettere in atto i sensi spirituali.

Quando la nostra persona impegna radicalmene se stessa con la realtà e con la vita perché ne vuole scoprire il significato ultimo [il "fondo della realtà"] , allora mette in atto il senso religioso. Che cosa dunque è il senso religioso? È la capacità che la persona umana possiede di porre le domande ultime sulla realtà e sulla vita; di discernere l’apparenza dalla realtà. In una sua poesia E. Montale scrive: "… Sotto l’azzurro fitto del cielo/ qualche uccello di mare se ne va/ né sosta mai/ perché tutte le immagini portano scritto "più in là"". Quando scriveva questi versi, Montale esercitava il suo senso religioso perché impegnava il proprio io nella richiesta e ricerca del fondo ultimo della realtà.

Possiamo dire, a questo punto, di aver raggiunto un guadagno importante: l’educazione religiosa consiste nell’educazione del senso religioso. Il che significa: educare la persona ad impegnarsi colla vita ricercandone il suo significato ultimo.

Ora siamo in grado di rispondere alla nostra prima domanda: è necessario educare il senso religioso insito in ogni persona umana? Perché dare un’educazione religiosa? Oserei dire che la risposta è facile.

È necessario educare il senso religioso poiché esso è parte costitutiva della persona umana. Rifiutarsi di farlo significa rifiutare, impedire all’uomo di vivere interamente la sua umanità, l’intera ricchezza della sua umanità.

Non solo, ma e soprattutto, se – come abbiamo visto - "il senso religioso è la capacità che la ragione ha di esprimere la propria natura profonda nell’interrogativo ultimo, è il "locus" della coscienza che l’uomo ha dell’esistenza" [L. Giussani], non educare il senso religioso dell’uomo significa impedire all’uomo di vivere una vita pienamente consapevole; significa privare l’uomo di ciò che costituisce la sua suprema grandezza.

Ma penso che ormai ci chiediamo tutti: ma che cosa vuol dire "educare il senso religioso" dei nostri figli, dei nostri bambini, dei nostri ragazzi, dei nostro giovani? È precisamente la seconda domanda che ci siamo fatti all’inizio: come dare un’educazione religiosa?

2, Come educare il senso religioso

Avrete notato che fino ad ora, pur parlando di senso religioso, non ho parlato di fede, di religione cristiana, della Chiesa. Ma ora è giunto il momento di farlo.

Che cosa è il cristianesimo? È la risposta data da Dio stesso alla domanda che l’uomo pone quando esercita il proprio senso religioso.

Fate bene attenzione a questa risposta. Purtroppo il poco tempo che abbiamo a disposizione non mi consente di fermarmi come si dovrebbe. Mi limito ad una duplice serie di riflessioni.

La prima. È Dio stesso che si è preso cura di parlare all’uomo, di rispondere alla domanda umana sul significato ultimo della vita. Il cristianesimo quindi non è opera, costruzione umana: è dono di Dio.

A ciò che dice Dio l’uomo può credere o non credere: la radice, il fondamento, il principio di tutta la vita cristiana è la fede intesa come assenso a quanto il Signore mi dice.

La seconda. La risposta che Dio dona è del tutto singolare. Egli la dona nella persona, nella vita, nelle parole di Gesù Cristo. Pertanto "All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" [Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus caritas est 1].

L’educazione religiosa consiste principalmente nell’educare la persona umana non a regole etiche piuttosto che altre; non alla conoscenza di una teoria filosofica o scientifica della realtà. Significa condurla all’incontro con un avvenimento, con una Persona: un incontro tale che questa Persona diventa l’orizzonte ultimo entro cui si svolge tutta la vita. S. Paolo direbbe: vivere in Cristo; S. Giovanni direbbe: vivere in comunione con Cristo.

Ma ancora una volta a voi il discorso potrà sembrare astratto. È necessario concretizzarlo ulteriormente.

Direi che nei confronti della risposta cristiana alla domanda religiosa sono possibili in chi ha responsabilità educative ed istituisce un rapporto colla Chiesa, due attitudini fondamentali.

La prima è presente in chi è credente, in chi ritiene che la risposta cristiana sia vera e pone la sua vita, vive la sua esistenza nel suo orizzonte.

Egli istituisce un rapporto colla Chiesa di piena fiducia e di intima cooperazione educativa nel senso che chiede alla Chiesa di essere aiutato nella generazione dell’umanità del loro figlio, senza lasciarsi però surrogare da essa nelle inabdicabili responsabilità educative.

Come concretamente si realizza questa cooperazione educativa? Credo che non esistano ricette prefabbricare o comunque io non ne possiedo. Alcuni orientamenti fondamentali credo però di potere, di dovere darveli.

a) È all’interno della vita famigliare che deve avvenire il primo annuncio della fede cristiana, normalmente. Come? Viene fatto attraverso la preghiera fatta in famiglia; introducendo il bambino ed il ragazzo nella realtà aiutandolo a comprenderla alla luce della fede, prendendo spunto dai piccoli o grandi avvenimenti della vita; mostrando attraverso una vita famigliare armoniosa che il fondo della realtà è la bellezza insita nel volersi bene, nello stare uniti anche quando ci sarebbero mille ragioni per dividersi.

b) La famiglia poi ha il diritto di essere aiutata dalla Chiesa ad essere come il Signore l’ha pensata. La nostra Chiesa è seriamente impegnata in questo. La condivisione consapevole di questo identico impegno educativo deve continuamente crescere, attraverso più frequenti incontri specifici.

La seconda attitudine fondamentale è presente nelle persone che pur non avendo una fede viva, ritengono comunque che la fede cristiana offra una proposta di vita buona di cui non si può non beneficiare. Queste persone hanno fiducia nella Chiesa e le chiedono ancora i sacramenti per i propri figli. Esiste quindi ancora un patto educativo, anche se non raramente assai tenue. Vorrei ora rivolgermi a queste persone, offrendo loro alcune riflessioni.

a) Il bambino e il ragazzo oggi soffrono gravemente l’esperienza di un vero e proprio sradicamento dal vincolo generazionale, da quel rapporto cioè genitori-figli nel quale viene condivisa una visione unitaria della vita. La proposta cristiana che viene fatta nella catechesi rischia di rimanere come un "appendice" alla grande narrazione della vita; rischia di non essere significativa al vivere. La rettitudine dell’intenzione con cui queste persone cui ci stiamo rivolgendo, danno fiducia alla Chiesa ["in fondo, la Chiesa educa al bene], rischia di essere vanificata se l’incontro che il ragazzo ha colla Chiesa, non ha una continuità nella famiglia.

b) Forse questi adulti, di cui sto parlando, sono loro stessi in una condizione di difficoltà e di incertezza precisamente in ordine al grande lavoro educativo. In questa condizione penso sia necessario recuperare le ragioni profonde di un rapporto, quello col proprio figlio, che è il fondamento ed il principio di ogni vera civiltà. Ritornano alla mente in questo momento le riflessioni che ho fatto nel primo punto della mia conversazione.

Non si tratta di insegnare teorie; non si tratta solo di trasmettere regole di vita. Si tratta di far trasparire nella propria vita famigliare – difficile, tribolata, forse anche conflittuale – la bellezza e la bontà di un ordine, di un senso definitivo.

Il fatto che diano ancora fiducia alla Chiesa potrebbe essere l’occasione per riscoprire, coll’aiuto della Chiesa, questo senso: la verità cioè della risposta cristiana alla domanda religiosa.

Conclusione

In sintesi, che cosa significa, in che cosa consiste l’educazione religiosa in senso cristiano? Fare incontrare Cristo come chiave interpretativa di tutta la vita.

Gli stessi segni musicali cambiano suono se si cambia la chiave all’inizio del rigo. Sono gli stessi capitoli che compongono la biografia di un cristiano e di un ateo: ambedue nascono e muoiono; ambedue gioiscono e soffrono, ambedue lavorano e amano; ambedue vivono in una città, dentro una società politica. Il senso religioso entra in azione quando il soggetto si impegna fino al punto di mettersi alla ricerca di un senso ultimo positivo di tutto questo. L’educazione religiosa consiste nel guidare l’uomo in questa ricerca. L’educazione cristiana consiste nel guidare l’uomo ad incontrare ciò in cui la positività del reale, di ciò che viviamo, consiste e si fonda: Gesù Cristo. La vita umana cristianamente vissuta è la vita che nasce da questo incontro.

Può essere che una persona che si impegna alla ricerca della risposta alle sue domande ultime, giunga a concludere che questa risposta non esiste: è l’esito ateo di questa ricerca. Meritevole di sommo rispetto è questa persona. La scelta peggiore è di chi non si mette neppure alla ricerca; di chi ignora il senso religioso del vivere umano.

Noi oggi ci siamo incontrati perché voi avete dato fiducia alla Chiesa; dall’altra parte la Chiesa non può fare senza di voi. L’incontro ha il carattere di un’alleanza la cui clausola fondamentale è la seguente: assieme vogliamo generare questi ragazzi fino alla pienezza della loro umanità, fino a che "Cristo sia formato in essi". Ed a tutti dico: siatene certi, non può che essere un esito positivo questo, per il destino dei vostri figli.