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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


INCONTRO CON LE FAMIGLIE ADOTTIVE
Seminario Arcivescovile, 17 settembre 2006


Vorrei riflettere con voi e come condividere la mirabile e per certi versi misteriosa esperienza che state vivendo. Essa si struttura in due dimensioni o se volete nasce da due incontri: con una persona che viveva priva del bene umano più prezioso, quello della genitorialità; con una persona che nel deserto creato da ideologie false e bugiarde ha fatto risplendere la verità dell’amore, la b. Madre Teresa di Calcutta.

1. Adozione divina - adozione umana.

Il termine "adozione" è uno dei termini fondamentali del vocabolario cristiano. Pertanto che nella Chiesa ci siano genitori adottivi è di importanza decisiva: impediscono che nella coscienza dei credenti si spenga il significato vivo di quel termine.

Esso è fondamentale perché denota il contenuto dell’atto dell’amore divino verso l’uomo. Alla domanda: ma in che cosa consiste l’amore di Dio verso ciascuno di noi?, la risposta è: nell’averci Egli predestinati, ancor prima della fondazione del mondo, ad essere suoi figli adottivi [cfr. Ef 1,4-5].

Predestinazione significa che nessuno di noi è arrivato all’esistenza per caso. Ciascuno è stato pensato, voluto in vista dell’adozione: è stato voluto per essere adottato dal Padre del Signore nostro Gesù Cristo. Ovviamente non è in gioco in questa decisione divina la considerazione di nostri meriti in forza della quale "dovevamo" essere adottati. È tutta e solo questione di grazia, cioè di amore assolutamente gratuito. Certamente: il figlio adottato può vivere in modo degno o indegno, corrispondere o non corrispondere all’amore di chi lo ha adottato. Con tutte le conseguenze: alla fine, il figlio adottivo può persino rompere e uscire di casa. Ma se il figlio può rinnegare la sua filiazione, il Padre divino non rinnega la sua paternità: Egli permane fedele alla sua decisione, per sempre.

Ma che cosa vuol dire concretamente "essere adottati dal Padre del Signore nostro Gesù Cristo"? Il Padre celeste ha un Figlio naturale che Egli genera uguale a Sé. Chi è adottato entra nella famiglia divina divenendo conforme a Gesù: in ciascuno dei suoi figli adottivi. Egli vede l’immagine di Gesù.

Non si tratta di una finzione. L’uomo è veramente reso partecipe della stessa filiazione divina di Gesù; è divinizzato realmente. Mi è capitato più volte un fatto che mi ha riempito di uno stupore immenso: ho visto dei figli adottivi divenire somiglianti anche fisicamente ai loro genitori. Che cosa è la potenza trasformante dell’amore! L’amore del Padre celeste opera efficacemente nel figlio adottato una vera e propria somiglianza a Gesù suo unigenito Figlio.

Due conseguenze vorrei sottoporre alla vostra attenzione. La prima è che si istituisce un rapporto di intima famigliarità fra il figlio adottivo – ciascuno di noi – ed il Padre celeste. La S. Scrittura per farci comprendere un poco questo fatto straordinario usa diverse immagini: nella casa di Dio noi non siamo ospiti di passaggio o ancor meno estranei; eravamo lontani ora siamo divenuti vicini. Uno dei segni che esprimono questa intima famigliarità è che pregando noi chiamiamo Dio "Abbá-Padre".

La seconda. Ogni figlio acquisisce il diritto dell’eredità, anche il figlio adottivo, equiparato in questo al figlio naturale. Anche il figlio adottivo del Padre celeste è suo erede, meglio – per la ragione già detta – coerede con Cristo del "patrimonio" divino. Quale patrimonio? ciò che è proprio di Dio viene partecipato, nella misura del possibile, all’uomo.

Questo che ho cercato di dirvi è tutto il cristianesimo in ciò che esso ha di più prezioso. Tutto è in ordine all’evento della nostra adozione o è in conseguenza di essa.

La divina Rivelazione, quando Dio rivolge la sua parola all’uomo per farsi capire ha bisogno di usare ovviamene parole ed immagini umane. L’adozione umana è uno dei simboli fondamentali di cui la Parola di Dio si serve quando ci parla del nostro destino eterno.

Perché un fatto umano possa essere assunto come mezzo espressivo dalla lingua divina, deve avere in sé una qualche somiglianza col fatto che Dio vuol compiere.

Voi avete compiuto un gesto che ha in sé una vera e propria similitudine con quanto Dio fa nei confronti di ciascuno di noi. Il vostro è un gesto rivelativo di un evento ben più grande: è in esso una dignità ed una grandezza incomparabile.

2. Testimoni dell’amore

Vorrei ora riflettere un poco con voi sul fatto che avete compiuto questo gesto d’amore incontrando il carisma della b. Teresa di Calcutta come ha preso corpo nell’Istituto delle Missionarie della Carità.

All’inizio di ogni grande esperienza di sequela di Cristo accade un incontro col Signore che cambia la vita ed il suo orizzonte ultimo. Pensate all’incontro di Paolo con Gesù sulla via di Damasco: da quel momento vi fu nel futuro apostolo un capovolgimento totale del suo modo di vedere e valutare la realtà ["quello che …" Fil 4]. Pensate all’incontro di Francesco col lebbroso: quello che fino ad allora era per lui dolce diventò amaro e quello che era amaro diventò dolce. Pensate alla visione che Don Bosco ebbe dei ragazzi analfabeti e sfruttati che scendevano a Torino.

Anche Teresa ebbe un’esperienza fondamentale che determinò tutta la sua sequela di Cristo e generò l’Istituto delle Missionarie della Carità. Ella lo narra così: "Fu in quel giorno, il 10 settembre 1946, sul treno verso Darjeeling, che Dio mi fece la "chiamata nella chiamata", mi disse di soddisfare la sete di Gesù, servendo lui nei più poveri dei poveri". È un’esperienza mistica di straordinaria intensità nella quale Teresa "vede" Cristo nel povero ed il povero in Cristo con una tale chiarezza che il grido del Crocefisso "ho sete" è lo stesso grido che i poveri rivolgono a lei: "mi ha detto: "ho sete", e io mi sono arresa a Lui" [cfr. P. Laghi, M. Teresa di Calcutta. Il Vangelo in cinque dita, EDB, Bologna 2003, pag. 25-27].

Per chi crede, Cristo non è un ricordo; non è riducibile al suo insegnamento trasmesso nella Chiesa. È una persona vivente oggi: Madre Teresa lo ha incontrato. Dove, come? In quell’evento originario lo ha incontrato nei poveri più poveri. Così profondamente che Cristo sulla croce è il povero che come Gesù dice "ho sete", ed il povero è Cristo sulla croce che dice "ho sete". È stata questa percezione di fede, questo incontro il grembo che ha generato tutto.

Mi piace ora vedere il vostro gesto nella luce della ispirazione di M. Teresa.

Il bambino senza un Padre ed una madre è uno dei poveri più poveri, perché manca del bene di cui ha più bisogno: l’amore paterno e materno. Un bambino è concepito e generato nel grembo di una donna. Ma ha uguale bisogno di un "utero spirituale" dove essere nutrito e crescere: la sua dimora più necessaria è l’amore paterno-materno, che si radica nell’amore coniugale.

Mi viene da pensare che quei bambini che avete adottato erano fra quei poveri visti da M. Teresa sul famoso treno, e che dicevano "ho sete": ho sete di un amore paterno, di un amore materno, di una famiglia. Avete dato loro l’acqua di cui hanno più bisogno, quella che sgorga dal vostro cuore: l’amore.

L’ultima lettera di M. Teresa, già pronta per la firma non apposta perché il Signore introdusse la sua sposa nella stanza nuziale, terminava così: "facciamo in modo che la nostra gratitudine sia il nostro fermo proposito di spegnere la sete di Gesù, con la nostra vita di vera carità". Sia così anche per ciascuno di noi.

Ma tutto questo è possibile solo ad una condizione: una profonda unione con Gesù mediante i sacramenti e la preghiera. La preghiera in famiglia è la vera forza costruttiva della sua unità, della sua pace.