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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


L’IMPORTANZA DELLA PRIMA EDUCAZIONE
Incontro FISM
Ferrara 1 settembre 2001

Vorrei riflettere con voi sull’importanza che ha l’educazione della persona nell’età dell’infanzia, nei primi anni della vita. La consapevolezza della grandezza dell’atto che compite deve essere la forza che vi sostiene nelle difficoltà quotidiane, ed è ciò che dona una grande dignità culturale alla vostra opera.

Ma oltre che riflettere con voi su questo tema, vorrei anche indicare alcune condizioni fondamentali che costituiscono i necessari requisiti del vostro impegno educativo.

La mia riflessione pertanto si articolerà in due punti. Nel primo parlerò dell’importanza del vostro lavoro; nel secondo delle sue condizioni fondamentali.

1. IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE

Perdonatemi se inizio la mia riflessione da una riflessione di carattere filosofico e piuttosto ardua. Nel seguito poi penso che vi renderete conto che il mio inizio era tutt’altro che estraneo al nostro tema.

Tutti i grandi interpreti della vita umana si sono posti una domanda: come inizia la vita spirituale dell’uomo? Come si accende quella scintilla che traspare luminosamente nel volto del bambino anche di pochi giorni? Come spesso accade quando affrontiamo i difficili problemi dello spirito, la risposta non è stata una sola, ma più di una e in contrasto fra loro. Volendo semplificare al massimo, possiamo dire che le risposte date sono state fondamentalmente tre, tutte presenti nella nostra situazione culturale contemporanea.

La prima risposta è la seguente: la vita spirituale della persona umana inizia, la scintilla dello spirito si accende nel momento in cui essa si apre alla realtà. S. Tommaso dice normalmente: apprende l’essere. La risposta è profonda e la chiameremo la risposta realista. Cogliamone il significato profondo. Essa in sostanza afferma che la persona umana è nella sua originalità questa creatura capace di "aprirsi" all’altro, ad ogni altro, all’intera realtà così come essa è. Di quest’apertura sono incapaci gli animali e le piante. La luce dello spirito di accende quando e perché la persona si rende conto che esiste l’altro [cfr. una silloge di testo di S. Tommaso in V. Possenti, Terza navigazione. Nichilismo e metafisica, Armando ed., Roma 1998, pag. 387-389].

La seconda risposta è la seguente: la vita spirituale della persona umana inizia, la scintilla dello spirito si accende nel momento in cui essa si interroga sulla realtà. La risposta è molto diversa da quella realista, e la chiameremo la risposta criticista. Cogliamone il significato profondo. Essa afferma che la persona umana è l’unico soggetto che mette in questione la realtà; l’unico soggetto che si addossa la responsabilità della giustificazione della realtà.

La terza risposta è la seguente: la vita spirituale della persona inizia, la scintilla dello spirito si accende nel momento in cui essa nega che esista una realtà alla quale essa sia costitutivamente aperta. In sostanza la vita dello spirito, la nostra comunicazione inter-personale quale avviene in primo luogo attraverso la parola, è una questione di mere opinioni cui non corrisponde nulla di reale. Non usciamo mai dalla gabbia delle nostre interpretazioni. La chiamiamo risposta nichilista.

Se ora prendiamo in esame queste tre risposte e cominciamo ad avvicinarci al nostro tema, noi vediamo che solo all’interno della prima, quella realista, è possibile realizzare una vera e propria educazione della persona umana fin dalla prima infanzia. Solo se la persona umana si caratterizza per la sua apertura alla realtà, nel senso suddetto, essa può essere introdotta dentro alla realtà, cioè educata. In parole più semplici. L’ipotesi di un’educazione nei primi anni della vita diventa irrealizzabile se la persona assurge alla dignità della vita spirituale solo quando è capace di porsi in atteggiamento radicalmente critico o negativo nei confronti della realtà. Al massimo si potrà parlare di una "formazione" a che la persona possa iniziare il suo cammino.

Fermiamoci dunque a considerare questo ingresso della persona nella realtà, quale avviene nei primi anni della vita. E’ dentro a questo ingresso che si pone la vostra opera educativa.

Ciò che caratterizza l’inizio della vita spirituale del bambino è che esso accade mediante un’altra persona, nel dialogo con un altra persona;: sua madre (normalmente). Il bambino è svegliato alla vita dello spirito dal sorriso, dall’amore di sua madre. Quell’apertura alla realtà di cui parlava la prima risposta avviene dentro a questo incontro. Data questa modalità dell’apertura, la realtà si mostra la bambino come dotata di quattro proprietà fondamentali: a) pur sentendosi altro da sua madre, il bambino si scopre in una profonda unità con essa; b) nel modo con cui egli si sente il benvenuto nel mondo, con cui si sente accolto, il bambino scopre che la realtà è buona; c) nella relazione con sua madre, il bambino sa che l’amore non è apparente, ma è vero; d) questa relazione suscita in lui profonda gioia, quindi l’essere è bello. Unità, bontà, verità e bellezza sono le quattro proprietà fondamentali della realtà: il bambino le scopre nel rapporto con sua madre [cfr. su tutto questo H.U. von Balthasar, La mia opera ed epilogo, Jaca Book ed., Milano 1994, pag. 89]. Fermiamoci un momento a riflettere su questa esperienza originaria perché, vi ripeto, è al suo interno che si colloca la vostra attività educativa.

Nella percezione della realtà così strutturata il bambino trova la risposta alle domande fondamentali che lui, come ogni persona umana, si porta dentro.

E’ la domanda se la realtà nella quale si trova all’improvviso [ben diversa da quella del grembo materno!], è un cosmo ordinato dunque unitario oppure un caos disarticolato. Dentro ad una realtà caotica la persona di sente come un atomo, un frammento staccato da ogni altro. Nell’unità, abitata dall’amore, con la madre, il bambino si pone nel suo "luogo": in un ordine che ne assicura l’esistere. Abbiamo la controprova di ciò vedendo l’angoscia e la paura che il bambino ha fuori di quell’ordine unitario.

E’ la domanda se la realtà nella quale il bambino è venuto a vivere abbia un volto ostile o benevolente: la realtà deve essere amata, merita di essere amata oppure deve essere dominata perché estranea e nemica all’uomo? Nel rapporto colla madre il bambino percepisce che la realtà è benevolente nei suoi confronti e quindi è buona, degna di essere amata. Il desiderio del bene che costituisce il dinamismo originario della persona [Agostino] trova risposta positiva. Ed inizia così quella storia dell’amore che definisce alla fine ogni vicenda umana.

Dentro a quest’esperienza il bambino comincia a scoprire il senso della realtà, o meglio afferma che la realtà ha un senso e quindi è intelligibile ed inizia quella serie di "perché",quel voler rendersi ragione di ciò che vede. Senso, intelligibilità del reale, ragione: è l’universo della verità. Si mette in movimento, in atto quel fondamentale dinamismo della persona che è l’intelligenza/ ragione.

Nell’ordine di una relazione di unità, nella scoperta della bontà della realtà e della possibilità di scoprirne il senso, la persona umana vive l’esperienza di una corrispondenza fra i suoi desideri e ciò che incontra. Questa corrispondenza è ciò che noi chiamiamo gioia [essa è ben diversa dal piacere a cui solamente il bambino non è limitato, come comunemente si pensa]. A diversità del piacere che è l’esperienza derivante dal soddisfacimento di un istinto, di una tendenza, la gioia è l’esperienza che deriva dalla pienezza di risposta alla persona umana presa nella sua totalità unificata. Ed è dentro a questa esperienza che la persona umana percepisce lo splendore nell’essere, la bellezza. Domanda di unità, domanda di bontà, domanda di verità, domanda di bellezza: non sono forse queste le domande fondamentali di ogni persona umana? E a queste domande trova risposta il bambino nell’esperienza di un dialogo interpersonale.

Da ciò derivano due conseguenze, una positiva e una negativa. La positiva: è attraverso la comunione interpersonale che il bambino [la persona umana!] raggiunge la sua pienezza. E ciò fa sì che il problema dell’amore sia il problema centrale della vita. La negatività: che ne è del bambino rifiutato, estraniato ed abbandonato? è la dimostrazione per contrarium di ciò che ho detto finora, ma la persona umana è … molto malleabile soprattutto nei primi anni di vita. Essa può essere riportata alla consistenza del suo essere attraverso una vera esperienza d’amore.

Vorrei ora proseguire con un’ultima, ma è la più importante, riflessione sempre attinente alle quattro domande fondamentali. E’ un luogo comune l’affermazione del naturale senso religioso del bambino. Perché questo senso religioso? Donde deriva? Penso che derivi da un profondo bisogno di consistenza ontologica che il bambino sente spiritualmente in modo privilegiato. Che cosa significa "consistenza ontologica"? solidità di ciò che costituisce la struttura portante, l’assetto della esistenza. Ora, come abbiamo visto, la struttura portante e l’assetto dell’esistenza della persona è costituito dall’apertura alla realtà in quanto mediata dall’incontro con la madre. Esso (assetto) è pertanto fragile: ben presto, non molto stranamente, il bambino si pone il problema della morte. La domanda religiosa è nel bambino la domanda sul fondamento ultimo della realtà: egli ha bisogno di sapere e di vivere la verità di un rapporto con un "Tu" che gli dia la certezza che ciò che vive come bello, vero e buono è inattaccabile. Il rifiuto della risposta o il silenzio alla domanda religiosa del bambino è una gravissima mancanza nei suoi confronti, che può avere conseguenze assai gravi. Né questa risposta può essere sostituita dai miti: il bambino ha bisogno di un "Tu" vivente al quale possa rivolgere le sue quattro domande fondamentali.

Che cosa è, in che cosa consiste il vostro intervento educativo? Detto in una parola: introdurre il bambino nella realtà.

Penso che il senso di questa espressione ora possa essere espresso facilmente. Il bambino che voi ricevete, normalmente, ha già vissuto quell’esperienza descritta nelle pagine precedenti. Essa deve essere proseguita ed approfondita. In che modo?

La mediazione fondamentale è operata dalla reciprocità interpersonale. E’ attraverso questa che il bambino continua a strutturare la sua esistenza secondo quelle quattro coordinate fondamentali e sulla base di una risposta chiara alla domanda religiosa. E’ per questo che il rapporto educativo esige un forte rapporto interpersonale.

Le linee che l’educatore deve seguire, i sentieri che deve percorrere per introdurre il bambino dentro alla realtà sono quelli indicati dalla domanda sulla bontà di ciò che esiste, dalla verità e dalla bellezza. Non so aggiungere di più. A questo punto entra in azione non più la dottrina pedagogica, ma l’arte didattica, sulla quale sentirete persone competenti.

2. I REQUISITI DELL’EDUCAZIONE

Vediamo ora quali sono i requisiti che sono condizione di efficacità dell’atto educativo. Vorrei fermarmi brevemente solo su alcuni.

Il primo deriva da tutto ciò che ho detto finora: una profonda continuità fra la famiglia ed il momento scolastico dell’educazione. E’ questa una caratteristica fondamentale delle scuole della Chiesa, che si fonda sulla natura stessa della persona umana. I rapporti scuola materna-famiglia devono essere continui. Non accettate mai di essere "custodi di parcheggio" dove si portano i figli. La cooperazione può assumere varie forme, ma è imprescindibile.

Il secondo è che si dia una chiara risposta religiosa cristiana al senso religioso innato del bambino. Considero una delle più gravi violenze commesse sui danni del bambino quello di non dare risposta a questa domanda. Non vi trattenga dal farlo la presenza eventuale nelle nostre scuole di bambini di famiglie non cristiane. Certo, è diritto di queste essere avvertite della prospettiva cristiana che caratterizza le nostre scuole. Tocca ad esse decidere se iscrivere o non il figlio; ma non è lasciato alla nostra libera opzione il carattere cristiano delle nostre scuole.

Il terzo requisito è che si abbia una continua e chiara percezione della persona che è il bambino. Dobbiamo guardarci dal considerare il bambino "uno che sarà un adulto". Egli è una persona umana che vive un’età particolare della sua storia. Le esigenze originarie della persona umana sono le esigenze del bambino: né più ne meno.

CONCLUSIONE

Ho parlato all’inizio della mia riflessione di dignità culturale del vostro lavoro. Ora, concludendo, posso dirvi in che cosa esattamente essa consiste.

Il vostro impegno si configura come una vera e propria coltivazione dell’umanità della persona. E nel momento con cui essa dà l’assetto fondamentale all’edificio della sua vita.

Il bambino è un vero e proprio segno di contraddizione, oggi. Egli è l’essere … più inutile che esista. E’ per questo che di fronte a lui si svelano i pensieri del cuore: se abbiamo o non ridotto il vero e il bene all’utile.