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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Incontro con i fidanzati
Villa S. Giacomo
4 dicembre 2004

Vorrei iniziare la mia riflessione aiutandovi a prendere coscienza della situazione in cui vi trovate. È una situazione che può essere descritta nel modo seguente: ciò che il vostro cuore vi dice è quotidianamente contraddetto dai fatti di cui siete testimoni. Il cuore afferma ciò che i fatti negano.

1/ Prima domanda: che cosa vi dice il vostro cuore? Non è facile rispondere a questa domanda. È necessario avere orecchi capaci di ascoltare la "voce del cuore". La voce del cuore è la voce dell’umanità della vostra persona; è ciò che l’umanità della vostra persona desidera perché la vostra vita valga veramente la pena di essere vissuta perché il vostro non sia solo un vivere, ma un vivere bene. È il desiderio che la vostra persona sia sempre riconosciuta ed affermata nella sua dignità di persona, e mai usata come una cosa. Vedete se in questo momento siete in grado di ascoltare questa voce.

Vi ricordate la parabola del figlio prodigo? Il suo ritorno a casa è iniziato quando, come dice il testo evangelico, rientrò in se stesso [cfr. Lc 15,17] e cominciò ad ascoltare il suo cuore, la voce del cuore che gli diceva: "dove sei? quanti salariati …".

Voi però siete qui questa sera non come individui solitari, ma state vivendo un’esperienza di coppia anche se non ancora coniugata: l’esperienza del fidanzamento.

Vi prego di andare per un momento colla vostra memoria al momento in cui avete iniziato a vivere questa esperienza. Che cosa vi aspettavate? Che cosa sperate? Quale è la vostra attesa? Non prendete queste domanda nel significato banale e vacuo di "sogni sul futuro", di romantici progetti circa il vostro avvenire. È giunto il momento di ascoltare la "voce del cuore": che cosa dice il cuore ad un uomo quando incomincia ad amare veramente una donna, e reciprocamente una donna un uomo? Vi offro alcuni suggerimenti fondamentali.

È un invito a guardare alla persona dell’altro, non a ciò che essa ha, e nemmeno alle sue qualità come tali [la sua bellezza, la sua bontà, la sua finezza spirituale…], ma alla persona come tale. È per questo che per chi vive questa esperienza, la persona dell’altro è insostituibile; è davvero unica.

È un invito a volere il bene dell’altro semplicemente perché desideriamo che l’altro sia realizzato, che sia felice. È così forte questa "voce del cuore" che "voler-bene" è diventato sinonimo di amare. È quindi un invito ad uscire da se stessi, nel senso di non orientare l’altro, di non strumentalizzare l’altro al proprio io.

È un invito al dono di sé alla persona amata. Non solo di ciò che abbiamo, ma del nostro stesso essere personale. Il riconoscimento della persona dell’altro è di tale natura che il cuore invita a donare ad essa nient’altro che la propria persona. E quindi dentro a questo movimento di dedizione dimora il desiderio dell’unità fra le due persone.

Se voi avete ascoltato il vostro cuore, se in ciò che vi ho detto avete riconosciuto la voce del vostro cuore, vi renderete conto che nel rapporto di vero amore fra l’uomo e la donna dimora un desiderio di eternità. Gli amanti mormorano la parola che esprime al massimo la nostra libertà: "per sempre". Il vero amore chiede di durare per sempre.

2/ Seconda domanda: quali fatti negano ciò che il cuore vi dice? Non è difficile rispondere a questa domanda, basta guardare con attenzione a ciò che accade nella società in cui viviamo; solo qualche accenno.

La prima, macroscopica smentita di ciò che il cuore vi dice è costituita dalla impressionante fragilità di ogni legame affettivo: quale malattia ha colpito l’amore fra l’uomo e la donna da essere incapace di creare forti legami, oppure da impedire che una volta creati non si spezzino? L’uomo e la donna vivono episodi di amore, ma non una storia di amore.

Questa condizione ha trovato una giustificazione ideologica, supportata in maniera sempre più invasiva dai grandi mezzi della comunicazione sociale. Questa giustificazione ideologica costituisce la più insidiosa smentita del vostro cuore. Mi limito a ricordarvene alcuni "dogmi" che sembrano ormai indistruttibili.

- La misura della libertà è determinata dalla debolezza degli impegni. Ogni legame troppo forte contraddice la libertà. Questa infatti è stata progressivamente degradata a mera spontaneità.

- Non esiste un legame originario fra l’uomo e la donna, essendo ogni uomo un individuo a sé stante che entra in rapporto con l’altro solo mediante una contrattazione degli opposti interessi. Ed è una contrattazione sempre sospesa al verificarsi di una condizione: la parità fra il dare e l’avere.

Viviamo dentro una cultura ed una comunicazione sociale caratterizzata da una martellante triplice negazione di ciò che il cuore vi testimonia: "massima liberalizzazione dei comportamenti e dei costumi, compatibile e funzionale con una società tecnologica, il cui funzionamento non ha più bisogno delle forme coercitive delle società tradizionali: drastica privatizzazione delle esperienze e delle forme affettive, che implica isolamento, marginalizzazione, abbandono a se stesso del singolo (del giovane, in specie) nei confronti della sua vicenda affettiva; spudorata spettacolarizzazione dei casi, che significa realizzazione di quella ‘società trasparente’, in cui l’importante è esibire, non capire, né aiutare, perché il centro dell’interesse non è affatto la cosa in se stessa (cioè la vicenda dei soggetti reali), bensì la gestione del consenso e del conformismo sociali" [F. Bottuti, Etica degli affetti? In Annuario di etica 1 2004, pag. 38].

Ma esiste anche una sorta di negazione di ciò che il cuore vi dice, che non è fuori di voi ma dentro di voi. Il vostro desiderio di costruire una comunione di amore nella verità, nella giustizia, capace di generare, è insidiata da una contro tendenza inscritta nella vostra persona che vi spinge verso l’altro/a non visto/a nella sua persona unica ed irripetibile, ma come possibile oggetto di godimento. Gesù parlava di questo quando diceva che guardare una donna sposata con desiderio è già commettere adulterio. La voce del cuore è insidiata da una degradazione dell’amore in concupiscenza: non il bene dell’altro ma il proprio bene è ricercato in primo luogo. La logica del dono è insidiata dalla logica del possesso.

3/ Terza domanda: chi dei due ha ragione? È questa una domanda che non potete non porvi, alla quale non potete non rispondere. Almeno da parte di chi non ha venduto la sua anima fino al punto da ascoltare solo la voce della cultura e della società in cui vive. Perché non potete evitare domanda e relativa risposta? Perché non potete non decidere chi essere e come vivere. Poiché è l’amore la realizzazione perfetta della vostra persona, non potete non decidere come amare. Chi essere – come vivere – come amare: è una sola decisione alla fine.

La prima parola che Dio rivolse all’uomo decaduto fu questa: "Dove sei?" [cfr. Gen 3,9]. Forse che il Signore non sapeva dove era l’uomo? Non è questo il significato più profondo di questa domanda. L’uomo è qui richiamato alla sua responsabilità: alla responsabilità circa la sua vita. Così come questa sera siete chiamati alla responsabilità circa il vostro amore. È del vostro amore che voi siete responsabili. Chi evita questa responsabilità, chi si nasconde di fronte ad essa, rischia di scivolare sempre più dentro la falsità. Ci si dicono cose, o colle parole o coi gesti, che non sono vere. Ed è per questo che il cammino che voi iniziate questa sera, ha il suo principio proprio da questa domanda: "dove sei?". Cioè: che ne è del tuo amore?

Vi proponiamo questo cammino per aiutarvi ad ascoltare la voce del cuore; a prendere coscienza che chi la nega vi conduce all’infelicità; a vivere nella piena verità il vostro amore; imparando ad essere liberi, cioè imparando l’interiore disciplina del dono.