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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Messa esequiale per Mons. Artemio Prati
8 marzo 2004

1. "E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato". Compiendo il pietoso dovere del suffragio cristiano per il nostro fratello il Vescovo Artemio, siamo intimamente consolati dalla parola del Signore. Essa infatti ci rivela l’intenzione, il progetto salvifico del Padre nei confronti dell’uomo: non perdere nulla di quanto appartiene al Cristo. È una salvezza che non viene sconfitta neppure dalla morte. Questa è meno forte della nostra appartenenza al Signore, come ci ha ricordato anche S. Paolo: "sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore".

L’appartenenza a Cristo è posta in essere in ciascuno di noi dal Battesimo e portata a perfezione dall’Eucarestia. Chi mangia infatti del pane eucaristico vivrà in eterno, poiché esso è la carne di Cristo offerta per la vita dell’uomo.

Ma il nostro fratello, il vescovo Artemio, è stato legato a Cristo da un altro vincolo di appartenenza: il carattere episcopale, che rende il battezzato partecipe in pienezza del servizio redentivo che è l’opera di Cristo. Come insegna il Concilio Vaticano II, in mezzo ai credenti è presente il Signore Gesù Cristo, pontefice sommo, nella persona dei vescovi assistiti dai presbiteri" [Cost. dogm. Lumen gentium 21,1; EV1/334].

La presenza del Signore Gesù in mezzo a voi, carissimi fedeli di Carpi, nella persona del vescovo Artemio, ebbe alcune caratteristiche, che giova ora ricordare.

Fu un ministero episcopale durato a lungo. Egli resse questa Chiesa per trent’anni. Quale grande insegnamento ci viene da questo dato all’apparenza insignificante! È il segno di una fedeltà, di un’affezione a questa Chiesa, di una dedizione non misurata.

Fu un ministero coevo e coestendivo ad uno dei momenti più grandi e drammatici nella storia della Chiesa: la celebrazione del Concilio Vaticano II e la sua attuazione. Il grande Vescovo di Milano, Ambrogio, scrivendo ad un suo confratello Vescovo dice: "hai ricevuto il sacerdozio e, stando a poppa della Chiesa, tu guidi la nave sui flutti. Tieni saldo il timone della fede in modo che le violenti tempeste di questo mondo non possano turbare il suo corso" [Lett. 2,1; PL 16, 847]. Sono stati momenti difficili per la Chiesa. Il nostro fratello Vescovo Artemio, per trent’anni è stato a poppa di questa Chiesa, guidandola con una grande saggezza sui flutti. Egli infatti ha sempre tenuto saldo il timone della fede attraverso una cura pastorale attenta.

A questa egli era stato preparato dal ministro pastorale parrocchiale, svolto in Salsomaggiore Terme. Alunno del Seminario Vescovile di Fidenza, conservo ancora vivo il ricordo dei giorni della sua consacrazione episcopale e del suo ingresso in questa Chiesa: ricordo di un parroco buono, umile e vicino alla sua gente.

Carissimi fedeli, affidiamo il nostro fratello, il Vescovo Artemio, all’infinita misericordia del Padre. Il suo ministero non è passato invano. Esso, come il ministero di ogni Vescovo, si inserisce dentro all’evento misterioso e mirabile della "Traditio Ecclesiae", della Tradizione della Chiesa, questo fiume di verità e di grazia che ha la sua sorgente in Cristo, e porta la vita ad ogni generazione. Il nostro fratello Vescovo ha arricchito questa tradizione, la tradizione di questa Chiesa, per sempre. È per questo che la parola di Dio ci ammonisce: "ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito dal loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso: ieri, oggi e sempre " [Eb 19,7-8].