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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Esequie di don G. Pietro Fuzzi
Borgo Panigale, 7 dicembre 2013


1. Cari fratelli e sorelle, la parola di Dio ascoltata nella prima lettera sconvolge e giudica molti nostri pensieri.

L’apostolo ci ha detto: "sia che moriamo, sia che viviamo siamo del Signore". Esiste un legame, un’appartenenza, quella al Signore risorto, che ci accompagna in vita ed in morte.

Che cosa significa che la morte non spezza il legame con Cristo, l’appartenenza a Lui? Che la morte non è una caduta nel nulla eterno, ma un essere col Signore, per sempre. Quale amore sarebbe quello di Cristo per noi se fosse meno forte della morte?

Ad un gruppo religioso del suo tempo i cui appartenenti volevano convincere Gesù che credere ad una vita dopo la morte era semplicemente assurdo, Egli risponde che se così fosse, alla fine, Dio sarebbe il Dio dei morti e non dei vivi. E concludeva che chi pensava così, non aveva alcuna conoscenza vera di Dio.

Dunque, fratelli e sorelle, su chi appartiene a Cristo mediante la fede ed i sacramenti, la morte non avrà alcun potere, se non di corrompere momentaneamente il corpo del discepolo, in attesa della resurrezione finale.

La conseguenza allora è che la vera differenza sostanziale per il discepolo di Gesù non è fra la vita o la morte, fra vivere o morire. E’ fra appartenere o non appartenere a Cristo; è fra credere e non credere in Lui.

L’apostolo infatti ci avverte che si può anche "vivere per se stessi"; "essere [cioè appartenere] di se stessi". E nessuno di noi da solo è più forte della morte.

"Quindi" conclude l’Apostolo "ciascuno di noi renderà conto di se stesso a Dio": se vivi per te stesso; se appartieni solo a te stesso, sei perduto; se sia che viva, vivi per il Signore, sia che muoia, muori per il Signore, sarai salvo.

 

2. Cari fratelli e sorelle, nel cammino di don Pietro verso la morte è accaduta gradualmente una presa di coscienza sempre più viva della sua appartenenza a Cristo. Ho potuto constatarlo di persona.

Dal momento in cui gli fu chiaro che la sua era una malattia inesorabile, camminò verso una piena serenità. Più di una volta mi disse: "la Madonna mi ha donato finalmente la serenità; preghi perché me la conservi". La penultima volta che lo visitai ancora mi disse: "preghi solo che la Madonna mi conservi nella serenità in cui mi trovo".

Vedete fratelli e sorelle? "Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore".

L’esperienza dell’appartenenza a Cristo trovava in don Pietro la radice in un acuto senso della Chiesa: è la Chiesa, cari amici, il luogo dell’appartenenza a Cristo, e nella Chiesa, è soprattutto la Madre di Gesù che la insegna.

Tutto questo risulta chiaramente dal Testamento spirituale che ora vi leggo.