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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


S. Messa nella Cena del Signore
Cattedrale di S. Pietro
8 aprile, Giovedì Santo

Iniziamo con questa celebrazione il santo Triduo pasquale: i giorni più santi di tutto l’anno. Li iniziamo ricordando quella cena durante la quale il Signore istituì il Ss.mo Sacramento dell’Eucarestia. Ciò non è dovuto principalmente ad un desiderio della Chiesa di attenersi fedelmente allo svolgimento storico dei fatti. La ragione più profonda è che l’Eucarestia è la presenza reale-sacramentale del mistero pasquale che noi celebriamo in questi giorni.

1. "Fate questo in memoria di me; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me". Queste parole istituiscono il sacramento eucaristico e ci introducono nella comprensione delle sua verità.

Attraverso la ripetizione dei gesti compiuti dal Signore nella sua ultima Cena, noi facciamo memoria della morte e risurrezione del Signore, nel senso che siamo riportati realmente all’atto di offerta che Cristo fece di Sé sulla Croce.

La nostra celebrazione non è una ripetizione di quell’atto di offerta, irripetibile nella sua insuperabile unicità. Non ne è la rinnovazione: non ne abbiamo bisogno. Infatti "con un’unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati" [Eb 10,14]. La nostra celebrazione eucaristica non ripete, non rinnova il sacrificio di Cristo; ma non ne è neppure un semplice ricordo.

In forza dell’azione trasformante dello Spirito, che agisce mediante le parole consacratorie del sacerdote, il pane diventa realmente il Corpo offerto per noi ed il vino il Sangue effuso per la remissione dei peccati. L’Eucarestia è il sacramento del sacrificio di Cristo: ogni volta che noi la celebriamo siamo in grado di esservi presenti e di parteciparvi realmente.

2. La narrazione evangelica della lavanda dei piedi ci aiuta a capire la ragione ultima per cui Cristo ha istituito l’Eucarestia, dandoci la possibilità di partecipare realmente al sacrificio della Croce.

Alla fine della narrazione, come avete sentito, il Signore dice: "Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi". Non si tratta in primo luogo di una regola di comportamento. Mediante la comunione eucaristica alla morte del Signore, noi diventiamo partecipi della sua stessa carità: diventiamo capaci di amare come Lui ha amato.

L’apostolo Paolo ci ha detto nella seconda lettura: "ogni volta … che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga".

La morte del Signore è annunciata dai suoi discepoli mediante l’Eucarestia. La morte del Signore è il suo supremo atto di donazione: il suo amore spinto sino alla fine. Questo amore prende corpo dentro la storia umana, si rende visibile in ogni spazio umano perché i discepoli mangiando il pane eucaristico, diventano partecipi della carità di Cristo. La realtà ultima (res sacramenti) del sacramento eucaristico è la carità effusa nel cuore dei discepoli. Noi celebriamo l’Eucarestia per far nostra la "logica della Croce", cioè del dono e del servizio.

Celebrando l’Eucarestia noi diamo al mondo la risposta più vera alla sua domanda di pace, offriamo la soluzione più efficace ai gravi conflitti che ancora distruggono i popoli: inseriamo nella storia la forza unificante dello stesso amore di Cristo, comunicato all’uomo. Nell’Eucarestia Cristo è dato al mondo perché esso sia sempre più configurato secondo la sua carità mediante la testimonianza dei suoi discepoli.

Oh grandezza inesprimibile di questo santo rito! In esso coincidono in un unico momento il dono che Cristo ha fatto di Sé sulla Croce e il consenso dell’uomo ad essere rigenerato nella forma dell’amore di Cristo. E così ogni volta che celebriamo l’Eucarestia viene costituita la nuova Alleanza; viene impressa nel cuore la nuova Legge; viene rigenerata la nuova creatura; possiamo cantare il nuovo cantico. Ecco io faccio nuove tutte le cose.