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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


TUTTI I SANTI 1998
CERTOSA – FE


1. “Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua”. La parola di Dio ci invita oggi, solennità di tutti i Santi, ad elevare lo sguardo verso “la  città del cielo, la santa Gerusalemme che è nostra madre, dove l’assemblea festosa dei nostri fratelli glorifica in eterno” (Prefazio) il nome di Dio.
 Ma questo invito ci è fatto in un luogo strano: ci è fatto in un luogo che in se stesso, nella sua apparenza, sembra non richiamare in nulla la scena descritta nella prima lettura. Ci viene in aiuto la parola che il Signore ci dice attraverso l’apostolo Paolo: “si semina (il corpo) corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale” (1 Cor.15,42-44). Siamo nel luogo della corruttibilità, della ignobilità, della debolezza: siamo nel luogo della morte, in una parola. Ma siamo in un «campo santo», poiché siamo in un campo in cui sono nascosti tanti semi, i corpi dei nostri fratelli defunti che risorgeranno nella gloria, nella forza, nella nobiltà della pienezza della vita. Quella pienezza della  vita che l’apostolo Giovanni ci descrive nella prima lettura.
 Quanto è grande il coraggio della fede cristiana! Essa viene a celebrare il trionfo della vita eterna in mezzo alle tombe dei morti. Su che cosa si fonda questo coraggio, questa certezza? Ascoltiamo ancora attentamente la parola di Dio.
 “Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente”. Queste parole ci svelano l’intera verità dell’uomo, e l’infinita misura della sua dignità. Ogni persona umana è stata personalmente pensata e voluta perché divenisse partecipe della stessa vita divina. “Dio infatti ha chiamato e chiama l’uomo ad aderire a Lui con tutto il suo essere, in una comunione perpetua con l’incorruttibile vita divina” (Conc. Ec. Vaticano secondo, Cost. Gaudium et Spes 19,2). Ogni figlio ha la stessa natura del padre che lo ha generato, e quindi, come ci dice ancora la S.Scrittura, “chiunque è nato da Dio… un germe divino dimora in lui” (1Gv. 3,9). Per cui, anche “se ciò che saremo non è stato ancora rivelato”, e lo costatiamo inequivocabilmente in questo luogo, tuttavia “noi fin da ora siamo figli di Dio” e “saremo simili a Lui, perché lo vedremo come Egli è”.
 La vera insidia alla nostra speranza oggi è quella profonda disistima che l’uomo ha di se stesso. Questo luogo sembra pienamente confermare questa disistima, inducendoci a pensare che il destino finale dell’uomo sia il nulla. Una disistima che lo porta quindi a non riconoscersi più superiore a tutto l’universo delle cose; a considerarsi soltanto una particella della natura e la parte anonima di un universo impersonale. Non riconoscendo più di  avere una destinazione eterna, si lascia illudere da una creazione immaginaria che si spiegherebbe solamente mediante leggi fisiche e sociali. E così anche la sua libertà è seriamente compromessa.

2. Ma “chiunque ha questa speranza in Lui, purifica se stesso, come Egli è puro”. La vera speranza cristiana, che siamo venuti a professare proprio in questo luogo, si manifesta in un modo singolare. Qualcuno potrebbe pensare che celebrando la nostra destinazione eterna, oggetto della speranza cristiana, il cristiano sia distolto dalla vita presente. In realtà, la parola di Dio oggi ci rivela che l’effetto in noi della speranza è la purificazione di se stessi. Del resto anche dei beati, dei santi in paradiso, la parola di Dio – nella prima lettura – dice: “essi… sono passati attraverso la grande tribolazione…”. La destinazione eterna della tua persona ti fa scoprire la tua verità: sei figlio di Dio! E per contrasto ti fa vedere tutto ciò che si oppone, a livello morale, alla tua dignità di predestinato alla vita eterna. “Vi esorto” – ci dice l’apostolo – “a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza” (Ef. 4,1). Umiltà, mansuetudine, pazienza: le beatitudini del Cristo, le condizioni indicate da Cristo per entrare nel Regno, per entrare in possesso della vita eterna.
Fratelli, sorelle: celebrando l’Eucaristia noi entriamo in comunione coi nostri fratelli defunti, con tutti i santi del Paradiso datici come amici e modelli di vita.
Che da questo convito eucaristico ci venga quella pienezza di amore che ci consenta, fra le vicende di questo mondo, di tenere sempre fisso il nostro desiderio là dove è la vera gioia!