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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


RIFLESSIONI SUI RESPONSABILI DELL’INIZIAZIONE CRISTIANA DEI FANCIULLI E DEI RAGAZZI: PERCORSI DI RIFLESSIONE
Tre giorni dei catechisti: 05 settembre 2003

Continuiamo la nostra riflessione sulla iniziazione cristiana [IC]. Lo facciamo da un punto di vista particolare, che spiegherò subito. Prima però debbo ricordarvi brevemente le tre fondamentali attività in cui sussiste l’IC, rimandando alla Tre giorni dello scorso anno la riflessone più completa. Esse si connotano come attività di introdurre, di educare, di trasmettere: intro-ducere; e-ducere [e-ducare]; tra-ducere. La persona umana è "introdotta" dentro al mistero cristiano [dimensione sacramentale dell’IC]; è "educata" a pensare e a scegliere cristianamente [dimensione educativa dell’IC]; viene resa partecipe di tutta una "tradizione" propria di un soggetto storico, che è il popolo cristiano [dimensione istruttiva dell’IC].

Ci rendiamo conto che un processo tanto grande e complesso è frutto della sinergia di tante persone. La nostra attenzione quest’anno si porrà non tanto sull’IC come tale, ma sulle persone che la "gestiscono". Poiché di voi catechisti abbiamo già parlato varie volte; poiché coi sacerdoti mi intratterrò nei prossimi quattro giorni, vorrei che riflettessimo su altri "agenti di IC", in primo luogo ma non solo, dei genitori. Penso di aver così chiarito l’oggetto della nostra riflessione.

 

1. FAMIGLIA ED IC.

Il punto di partenza non può non essere che la famiglia. Più precisamente: i genitori del bambino/ragazzo da iniziare. Perché punto di partenza obbligato? perché da un punto di vista teologico, la Chiesa ha pienamente accettato il pedobattesimo sulla base del presupposto che i genitori in primo luogo siano disponibili all’educazione cristiana del neo-battezzato. Inoltre, dal punto di vista antropologico la prima scuola di umanizzazione della persona, e quindi della sua cristianizzazione, è la famiglia. Non mi dilungo ulteriormente su questi temi già ampiamente sviluppati in altre occasioni, perché in questi giorni voglio aiutarvi a fare un'altra riflessione.

Partiamo dunque da una domanda: in che misura i genitori sono coinvolti nell’IC? A me sembra che si debba articolare molto la risposta.

Esistono genitori profondamente consapevoli della loro missione educativa, dal punto di vista cristiano.

Esistono genitori profondamente preoccupati della loro missione educativa, ma insidiati da alcuni dubbi che data la loro profondità bloccano spesso il processo educativo. Dubbi sulle risposte che si devono dare ai grandi problemi della vita: risposte che stanno alla base di ogni seria proposta educativa. Dubbi sulla capacità della famiglia di vincere la sfida di contro-proposte educative gestite da grandi mezzi comunicativi. Dubbi alla fine su che cosa oggi significhi educare.

Esistono genitori che continuano a considerare l’incontro colla Chiesa un momento necessario e/o socialmente significativo nella vita del bambino, trascorso il quale la vita prosegue senza che la Chiesa sia lo spazio della sua vita o il suo referente.

Fino ad ora, normalmente quali modalità di rapporto le nostre comunità cristiane hanno percorso? Normalmente e comunemente organizzando alcuni incontri [due o tre] in vista di ciascuno dei tre sacramenti dell’IC. Sembra di poter dire che è mancato un vero e proprio coinvolgimento all’interno di tutto il percorso iniziatico.

Forse la comunità cristiana ha dovuto surrogare in larga misura la presenza dei genitori.

Ciò che vi si chiede in questi giorni è di verificare la possibilità di coinvolgimenti più diretti e continuativi, sulla base di esperienze già fatte. Per aiutarvi in questa verifica vi propongo alcune riflessioni.

La prima. Data la composizione multiforme, è astratto il pensare proposte di percorsi uniformi: la prima categoria di genitori è ben diversa dalla terza. Una cosa comunque è certa: i genitori che lo vogliono non possono e non devono più essere tenuti fuori dal processo di IC.

La seconda. Esiste una proposta a lungo termine (a), a medio termine (b), a breve termine (c).

(a) Ogni giorno più vediamo la necessità che ogni comunità si prenda cura profonda della famiglia, vista non prevalentemente nelle sue difficoltà e/o malattie, ma in quanto risorsa naturale e soprannaturale di bene. L’insistenza da parte mia perché in ogni parrocchia si istituiscano "gruppi famiglia" si inserisce in questa scelta pastorale prioritaria.

(b) Esistono genitori seriamente preoccupati dell’educazione dei loro figli e non estranei spiritualmente alla Chiesa, anche se non praticanti [= seconda categoria di cui sopra]. Prendendo spunto o occasione dall’affidamento che compiono dei loro figli alla Chiesa, non sarà certo possibile un coinvolgimento pieno e continuativo nel processo iniziatico, ma esiste un … capitale di fiducia nei nostri confronti che non può essere trascurato. È per essi che vedo piuttosto un percorso di ripensamento della loro fede, di "ripresa" della loro fede, prendendo spunto dal cammino che i figli stanno facendo a catechismo.

(c) Resta la validità degli incontri che si fanno in occasione dei sacramenti soprattutto del battesimo, per una catechesi essenziale della fede cristiana.

Non sto ipotizzando percorsi separati ovviamente, ma sottolineando esigenze specifiche e diversificate alle quali sono possiamo dare risposte generiche ed uniformi.

2. SCUOLA ed IC.

Sono ognora più convinto che di fatto una delle difficoltà maggiori ad un processo di vera e profonda IC dei bambini e dei ragazzi sia costituita dal seguente fatto: esiste una divisione più o meno profonda fra la proposta educativa che vivono a scuola e la proposta educativa catechistica. Divisione non significa necessariamente contrarietà. Basta che la prospettiva fondamentale delle due proposte siano semplicemente parallele.

Le ragioni della negatività di questo fatto sono molteplici e non è ora il caso di esporle.

È chiaro che la scuola statale ha una sua configurazione istituzionale che né può né deve essere mutata [non mi riferisco alle scuole della Chiesa]. Il problema pertanto si pone in tutta la sua serietà; e non è di facile soluzione; anche su questo vorrei indicarvi alcune piste di riflessione, per i vostri lavori di gruppo.

La prima. La figura dell’insegnante di religione va presa in seria considerazione. È chiaro che essa non è "il catechista a scuola". Su come si configura la sua funzione l’ho esposto recentemente al Seminario di studio fatto dalla nostra Diocesi nel giugno scorso: vi rimando a quel testo.

L’apporto che l’insegnante di religione può dare all’IC dei bambini e ragazzi si colloca piuttosto a livello dell’educazione dei medesimi a pensare, a domandare circa il senso ultimo della vita.

La seconda. Molte parrocchie hanno l’esperienza del dopo-scuola. È una esperienza assai importante. Un gruppo di insegnanti stanno al riguardo svolgendo un esperienza educativa molto significativa: lo "studies point" [c/o la Parrocchia di S. Maria in Vado]. Per ridonare ai ragazzi la passione della ricerca, delle domande ultime. L’esperienza del dopo-scuola va pensata come momento in cui si vive una "ripresa" di ciò che si è studiato a scuola, per portarlo a quella profondità del vissuto quotidiano del ragazzo che sola gli consente di comprendere e di sapere quel cammino di IC che sta facendo a catechismo.

La terza. I genitori cristiani devono esercitare una vigilanza attenta, e le leggi scolastiche offrono oggi questa possibilità, perché sia pienamente rispettata la libertà religiosa dei bambini. Trasformare, per chiarire il mio pensiero con un esempio, la festa del Natale nella festa della fratellanza e della solidarietà è una violenza fatta al bambino da una ideologia astratta ed antistorica.

3. LITURGIA ed IC.

Parlando della liturgia devo fare una premessa necessaria. La celebrazione liturgica non è uno dei fattori dell’IC: è ciò che la fa. Essa cioè non è semplicemente espressione di un cammino psico-pedagogico che si sta facendo, ma è la causa efficiente dell’introduzione della persona nel mistero di Cristo. Essa non è solo occasione di una catechesi: è la ragione d’essere della catechesi stessa.

Ma noi questa sera vogliamo parlare della celebrazione liturgica in rapporto all’IC da una prospettiva più superficiale, ma importante: vogliamo parlare della liturgia dal punto di vista della sua dimensione educativa. È per altro un tema molto presente nella Tradizione della Chiesa.

La domanda che ci facciamo è in sostanza la seguente: in che modo la celebrazione liturgica educa il bambino/il ragazzo alla visione cristiana della vita, alla "mentalità di Cristo"?

Consentitemi di narrarvi un’esperienza personale. Mi è capitato recentemente di partecipare all’Eucarestia … da semplice fedele. Erano anni che non mi accadeva. In fondo alla Chiesa, in mezzo ai fedeli [ero fuori Diocesi!] a celebrare l’Eucarestia nel modo proprio del sacerdozio comune dei fedeli. Vi confido il pensiero che mi ha occupato durante quella celebrazione: i fedeli sanno, sono stati istruiti che la "actuosa partecipatio" di cui parla il Concilio [cfr. Cost. Sacrosanctum Concilium 19; EV 1/30] consiste nell’offerta di se stessi fatta al Padre con Cristo, in Cristo, per mezzo di Cristo? Sanno che canti, gesti … hanno questa finalità dal momento che come insegna Agostino, questo è il sacrificio di Cristo: di Cristo capo e membra? Ho riflettuto a lungo su questo.

Ritorniamo al punto, con una domanda: la qualità delle nostre celebrazioni liturgiche è tale da educare il bambino/ il ragazzo ad entrare dentro al Mistero di Cristo e della Chiesa? Cioè: ad essere cristianamente iniziato?

Mi rendo perfettamente conto della difficoltà dovuta ad un’assemblea liturgica dove si ha la compresenza di tante età. Ma forse il problema si è artificialmente in parte maggiorato intendendo la "actuosa partecipatio" come la necessità che tutti debbano sempre fare qualcosa. Credo che stiamo toccando uno dei problemi più gravi della vita della Chiesa oggi.

Sono al corrente della cura con cui tanti di voi si sono impegnati al riguardo, ottenendo buoni risultati. La narrazione delle loro esperienze potrà aiutare tutti. Vi prego di riflettere attentamente su questo problema.

CONCLUSIONE

Abbiamo intrapreso un cammino grande, anche se speso in ripida salita: introdurre i nostri bambini e ragazzi dentro un incontro reale colla Persona di Cristo vivente nella sua Chiesa.

In questi giorni rifletteremo su alcuni "paraninfi" di questo incontro. Poniamo il nostro impegno sotto la protezione di S. Giovanni Battista, il paraninfo per eccellenza. E siamo convinti di una cosa: ci stiamo impegnando perché continui ad accadere l’atto che fa essere la Chiesa, la risposta di fede al primo annuncio delle grandi opere del Padre.