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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


La dimensione educativa della catechesi
Incontro generale dei catechisti
Ferrara 16 marzo 2003


Vorrei riprendere quanto ho detto nell’incontro di settembre, quanto ci siamo scambiati negli incontri di vicariato, circa il tema della iniziazione cristiana (IC). Ripresa significa non mera ripetizione di quanto già detto, ma invito alla comprensione più profonda di alcuni temi centrali del discorso fatto. E la ripresa riguarda precisamente la natura dell’IC (cfr. n°1 Relazione di settembre) e uno degli attori dell’IC, i genitori (cfr. n°2 pag. 5). La presente relazione quindi si articolerà in due punti.

1. L’assetto cristiano dell’esistenza

Parto da un esempio. Un mazzo di fiori posto su un tavolo può ricevere due definizioni, non contrarie certo ma diverse. Se chiedete ad un botanico, vi darà la definizione secondo i canoni della sua scienza. Se chiedete alla persona che vive in casa, vi potrebbe rispondere: "è un dono fattomi da mio marito per il mio compleanno".

Questo esempio dona molta materia di riflessione. Esistono almeno due modi di guardare le cose: l’uno le considera in se stesse, secondo – direbbero i filosofi – la loro causalità materiale e formale, secondo cioè la loro costituzione; l’altro le considera in quanto "segno" che rinviano ad una realtà diversa e non visibile, ma di cui la cosa in questione è manifestazione, è epifania. Dal punto di vista chimico, la Pietà di Michelangelo ha la stessa composizione di qualsiasi altro pezzo di marmo; dal punto di vista estetico, quel pezzo di marmo è assolutamente unico.

Tenendo presente questi esempi, possiamo già proporre una affermazione molto importante per la nostra riflessione: la realtà dentro la quale noi siamo, viviamo e ci muoviamo riceve sempre da ciascuno di noi una comprensione-interpretazione. Oppure, diciamo la stessa cosa partendo dall’uomo: la persona umana, ciascuno di noi è sempre un intelligente interprete della realtà in cui è, vive e si muove. Mi fermo un istante su questa seconda formulazione.

Ho detto "intelligente interprete". L’interpretazione che il critico d’arte dà della Pietà di Michelangelo è un’interpretazione obiettivamente fondata. Certamente l’interpretazione di Verdi data da Abbado non è quella di Muti, ma non perché l’uno ha uno spartito musicale diverso dall’altro. L’interpretazione non è la produzione di un significato che non ha nessun riferimento alla realtà interpretata. Essa è il risultato di un atto di intelligenza, di quell’atto cioè così misterioso e stupendo con cui l’uomo penetra [intus-legit= in-telligenza] nella realtà, o – il che equivale – attraverso cui la realtà si dis-vela in ciò che è. Il "senso" del mazzo di fiori è fondato sulla verità del fatto che il marito ama la moglie ed è attento alla sua persona. Ho sfiorato un problema assai difficile. Ma era necessario; capirete presto il perché.

Ho detto "è sempre un’intelligente interprete". L’avverbio di tempo esprime un concetto fondamentale. Non è che ci siano uomini che dimorano nella realtà nel modo che abbiamo appena descritto, ed altri no. Sono diverse, sono anche contrarie le interpretazioni; vi sono interpretazioni intelligenti ed interpretazioni non intelligenti. Ma l’uomo non può sfuggire a questo lavoro, perché questo significa usare la ragione.

Teniamo dunque in mente tutto questo, ed ora passiamo alla lettura e breve commento di un testo paolino: "Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" [1Cor 1,30]. L’azione del Padre pone "in Cristo" i credenti, il quale diventa per loro fonte di sapienza, di giustizia, di santificazione e di redenzione.

Il testo paolino dice due verità essenzialmente. L’azione salvifica del Padre ha un obiettivo ed un effetto: porre l’uomo in Cristo. Il credente ha in Cristo la radice, il principio ed il costitutivo stesso della sua vita nuova. Ne deriva, è la seconda verità, che "per noi", per chi è in questa condizione, Cristo diventa la nostra sapienza, la nostra giustizia, santificazione e redenzione. Il credente cioè comprende ed interpreta tutta la realtà in cui esiste, vive e si muove sempre in base, alla luce del suo "essere in Cristo": ogni realtà ci appare, si svela a noi alla luce del nostro "essere in Cristo". Lui è diventato per noi la nostra sapienza.

Pensiamo il nostro rapporto con Dio, vissuto in Cristo; il nostro rapporto cogli altri, vissuto in Cristo; il nostro rapporto colla natura, vissuto in Cristo. E così via.

Chi vede il mazzo di fiori da botanico, non scopre la bellezza di un atto di affezione coniugale; chi pensa che, data la stessa composizione chimica, la statua della Pietà sia un pezzo di marmo uguale agli altri, si impedisce di capire un senso. In una parola: possiamo non vedere ampie regioni della realtà.

Chi vede il Mistero da pagano, non vede il suo Volto come lo vede chi è in Cristo; chi vede la morte alla luce della pura conoscenza scientifica, non vede la sua intima verità come la vede chi è in Cristo. E così via.

Iniziando i bambini, i ragazzi, al mistero di Cristo, voi che cosa fate? Li rendete capaci di uno sguardo sulla realtà che sa vederne l’intimo, ultimo significato. Non a caso il vocabolario cristiano parla di "nuova nascita". Prima di uscire dal grembo materno, la persona umana esiste già tutta intera: è già nella realtà. Proviamo ad immaginare che abbia già l’uso della ragione: penserebbe che questa è la realtà [il grembo materno]. Alla nascita, si rende conto che la realtà è molto più grande.

Analogamente avviene colla IC: viene generata una nuova persona nel senso che, già in Cristo [battezzata], viene educata in modo che Cristo diventa per lui la luce che illumina la realtà in cui vive; il suo Spirito, la guida della sua libertà.

Due conclusioni. Vedete quale grandezza ha il vostro ministero. Essa non è misurata dalle difficoltà, dall’efficacia: è misurata dalla sua natura e finalità.

Vedete la necessità del vostro ministero. Esso è il luogo in cui la Chiesa continua a generare nuove persone umane.

2. Ed i genitori?

Poco o tanto vi incontrate nel vostro ministero ecclesiale coi genitori. Ho già varie volte disegnato le varie tipologie di essi nel rapporto che hanno colla Chiesa: non ripeto.

Mi limito ad una riflessione solamente. Il coinvolgimento dei genitori è un problema di tale gravità che è oggetto di molta attenzione da parte di molte istanze diocesane. Tuttavia esiste un ambito assai importante nel quale in piena collaborazione coi vostri sacerdoti potete e dovete dar un contributo.

Quando incontrare i genitori, soprattutto in occasione dei sacramenti, date anche a loro una sostanziale catechesi di IC: forse la sentono per la prima volta. Un coinvolgimento dei genitori esige come condizione preliminare che siano aiutati a capire che cosa sta accadendo veramente nella vita dei loro figli durante il cammino dei catechismo.

Conclusione

Mi piace concludere con un testo mirabile di un antico scrittore ecclesiastico, che è in un certo senso la sintesi di quanto ho detto: "Or dunque, desideroso di condurci alla perfezione mediante la via ascendente della salvezza, il Verbo [incarnato], che in tutto è l’amico degli uomini, mette in opera un bel programma ben fatto per donarci un’educazione efficace: primo, ci converte; poi ci educa come un pedagogo; infine ci rende sapienti" [Clemente d’Al., Il Pedagogo I, 3,3; SCh 70, pag. 113].

Voi siete i "ministri" di questo "bel programma ben fatto", messo in atto da Cristo stesso per educare efficacemente l’uomo.