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Comitato "Cardinale Carlo Caffarra"


Messa dell’alba di Natale
Comacchio – 1998

1. “Andarono dunque senz’indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia”. Con queste semplici parole viene descritto per la prima volta l’avvenimento più grande che possa accadere dentro alla nostra povera vita di ogni giorno: l’incontro con Dio. E’ accaduto per la prima volta ai poveri pastori; accadrà poi ad una dozzina di pescatori; accadrà poi a Zaccheo, alla Maddalena, a tanti altri. E noi celebriamo oggi il S. Natale perché possa accadere anche a ciascuno di noi: incontrare Dio stesso. Allora, voi capite bene, carissimi fratelli e sorelle, come ogni particolare di questa descrizione, di questa pagina, abbia significati immensi.
 Quale è l’esperienza che concretamente questi pastori hanno vissuto? Essa è descritta nel modo seguente: “andarono senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva in una mangiatoia”.
 Tutto comincia perché quella notte, i pastori furono scossi da un’ incredibile, ed al contempo da sempre attesa, notizia di un fatto appena accaduto: “un angelo del Signore si presentò davanti a loro… disse loro: « ecco vi annunzio una grande gioia… oggi vi è nato… un Salvatore che è Cristo Signore». Si sono imbattuti in una notizia assolutamente singolare, diversa da ogni altra e al contempo corrispondente ai desideri del loro cuore. E’ una notizia diversa: dalla mentalità comune; dal modo con cui loro, i pastori, erano considerati e consideravano se stessi, cioè niente; dal fatto che anche i potenti del mondo si autodefinivano «salvatori». E’ una notizia che corrisponde al loro cuore: essa infatti è vagliata attraverso il giudizio della loro ragione: «dicevano fra loro»; e muove la loro libertà alla verifica del fatto: «andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere».
 Vi prego di prestare molta attenzione a ciò che i pastori sono decisi a verificare: “vediamo” dicono “questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Essi, i pastori, capiscono che non sono stati chiamati ad imparare una dottrina religiosa: non è stato fatto conoscere loro un codice di leggi da osservare; non è stato proposta una serie di riti religiosi. Il Signore ha fatto conoscere loro un avvenimento, un fatto: “troverete un bambino” aveva detto l’Angelo “avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Il compimento della grande promessa dei profeti, dell’illimitato desiderio di ogni cuore umano era un uomo lì davanti ai loro occhi, anzi un bambino “avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”: ecco la risposta di Dio. Una risposta reale, carnale, temporale: tu la puoi vedere, toccare, udire.
“Dio si è fatto uomo nel seno di una ragazza … chiamata Maria, nel «ventre che fu albergo del nostro disiro», come dice Dante (Paradiso, XXIII, 104-105). La modalità con cui Dio è entrato in rapporto con noi per salvarci è un avvenimento, non un pensiero o un sentimento religioso” (L. Giussani, Generare tracce nella storia del mondo, ed. Rizzoli, Milano 1998, pag. 13).
Fratelli, sorelle: questo è il cristianesimo. Lo è stato, per la prima volta per i pastori. Lo è anche per ciascuno di noi. Che cosa significa: “il cristianesimo è questo avvenimento”? significa che tu puoi incontrare Dio stesso dentro alla tua vita umana di ogni giorno, dal momento che Dio stesso è venuto a vivere dentro a questa vita.

2. “Carissimo, quando si sono manifestati …”. L’apostolo Paolo descrive precisamente che cosa succede nella vita dell’uomo che vive la stessa esperienza dei pastori: l’incontro con Dio.
 Già il Vangelo aveva al riguardo un accenno assai suggestivo: “i pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto”. La persona umana viene trasformata perché finalmente ha trovato la gioia. I pastori ritornano alla vita di ogni giorno - l’incontro col Dio fatto uomo non ti distoglie da essa - , ma cambiati perché hanno avuto la percezione di una pienezza eccezionale e normale al contempo. Perché questa trasformazione?
 Perché l’uomo si rende conto che quel Mistero che incontra è solo, è pura misericordia: “egli ci ha salvati non in virtù di opere di giustizia da noi compiute, ma per sua misericordia”.
 E’ questa che ci cambia! Quest’accettazione che Dio fa di noi stessi è tale da suscitare nel nostro cuore il desiderio di convertirci.
 Dall’incontro, l’uomo è trasformato perché capisce che “giustificati dalla sua grazia”, può rifiorire in noi la speranza, essendo stati costituiti eredi della vita eterna, della vita stessa di Dio.
 Fratelli e sorelle, diciamo anche noi in questi giorni natalizi: “andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Perché la nostra gioia sia piena, dal momento che “la vita eterna, che era presso il Padre si è resa visibile a noi”.